[S-fotografie] Florence Declaration - articolo segnalato
Simona Guerra
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Gio 14 Gen 2010 11:20:25 CET
Segnalo alla lista un articolo riguardante la Florence Declaration comparso sul notiziario del circolo La Gondola di Venezia, a cura di Manfredo Manfroi, presidente. (in "Notiziario del Circolo fotografico La Gondola". Anno XXXV, gennaio 2010).
Simona Guerra
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FLORENCE DECLARATION. Uno "scudo" per le fotografie
Un allarmato messaggio sulla sorte delle
fotografi e analogiche e sul ruolo degli archivi
giunge da Firenze dove la dott. Costanza Caraffa
nella sua veste di direttrice del Kunsthistorisches
Institut ha sentito il dovere di mettere nero su
bianco con un'articolata "Florence Declaration-
Raccomandazioni per la preservazione degli
archivi fotografi ci analogici" fotografifi presentata durante
il convegno titolato "Photo Archives and the
Photographic Memory of Art History - Part 2" del
29 ottobre scorso.
Tutto sembra sorgere dall'inarrestabile
avanzata dei procedimenti informatici dei quali
non solo si fa un uso sempre più sofi sticato
in tutte le forme di archiviazione ma, grazie
alla riproduzione digitale, addirittura si tende
a sostituire la fotografi a analogica riducendola
a mero reperto se non a valutarne addirittura
l'eliminazione.
Riferisce infatti il dott. Cassanelli, dell'Università
Cattolica di Milano, che durante il convegno sono
emersi casi concreti quanto clamorosi come
quello del MOMA di New York che si stava
"sbarazzando" dell'intero archivio fotografi co
salvato in extremis dal Rochester Institute of
Technology.
Nella buona sostanza, la Florence Declaration
tende a separare la fotografi a analogica
dalla sua riproduzione digitale evidenziando
della prima tutte le caratteristiche di oggetto
concreto e dunque leggibile non solo sul piano
iconografi co ma, ovviamente, anche su quello
storico e documentario ciò che la versione
digitale non può assolutamente garantire; di
quest'ultima vengono inoltre evidenziati altri
limiti quali l'obsolescenza e l'instabilità a lungo
termine sia in termini di archiviazione che, più
ancora, di funzionalità della rete.
La Dichiarazione non intende intromettersi nella
querelle che attanaglia ormai da tempo il mondo
della fotografi a cioè analogico versus digitale
ma pur riconoscendo le grandi potenzialità
dell'informatica ne delinea le funzioni che in
ogni caso devono integrare e non sostituire la
"tattilità" delle immagini.
Ciò, precisa la Declaration, vale ancor di più
per gli Archivi, concepiti come luoghi "autonomi
e unici" di ricerca complessa.
In altre parole, considerato come un insieme
non solo di fotografi e ma di documenti ed altri
reperti fra di loro interdipendenti, l'Archivio
analogico si offre ad una molteplicità di percorsi
che la catalogazione informatica non è in grado
di garantire in quanto, per forza di cose, essa
è obbligata a selezionare e dunque a ridurre o
quanto meno, aggiungiamo noi, a fornire tracce
prestabilite senza possibilità di considerare
possibili alternative.
Ciò non signifi ca che un Archivio debba
rinunciare alla catalogazione informatica; è vero
invece che una "saggia" catalogazione integrata
alla gestione manuale aumenta esponenzialmente
le potenzialità dell'Archivio limitando i danni
dell'usura e della cattiva fruizione.
La lista s-fotografi e (s-fotografi e a racine.ra.it)
ha ospitato al riguardo alcuni interventi molto
interessanti; Cesare Colombo, ad esempio,
pur dichiarandosi d'accordo con il principio di
insostituibilità dell'immagine analogica prende
un po' le distanze dai valori "tattili" cioè qualità
e trattamento del supporto cartaceo che specie
nel collezionismo generano forme di feticismo
a dispetto del valore comunicativo delle
immagini.
Inoltre, aggiunge Colombo, si sottovalutano
alcuni vantaggi del digitale; innanzitutto la
trasmissibilità istantanea delle fotografi e senza
frontiere né fi siche né culturali "consentendo
di veicolarle come momento di conoscenza,
di analisi critica, di confronto...e di farle vivere
inserendole in un contesto di cultura aperta (se
non vi spiace il termine, democratica)"
Poi, prosegue Colombo, la possibilità di
potenziare, grazie alla scansione digitale, i
valori comunicativi e tonali contenuti nelle lastre
originali mai, sin dall'origine, potuti considerare
nelle stampe dell'epoca a causa della carenza
delle carte all'albumina ma anche di quelle al
bromuro sino alla fi ne dell''800.
"Le stampe digitali odierne, conclude Cesare
Colombo, tratte dai negativi antichi aumentano
il valore delle riprese, letteralmente le rinnovano
e danno ad esse nuovi emozionanti contenuti.
Non è questo un metodo essenziale proprio per
trasformare l'archivio in luogo di ricerca?".
A questo punto sia consentito anche a noi di
entrare nel merito soprattutto perché l'Archivio
Storico ci ha offerto un'esperienza diretta di
conservazione e riproduzione alla quale vanno
aggiunte, per tutti gli operatori dell'Archivio, le
personali conoscenze di ripresa e stampa sia
analogica che digitale.
Innanzitutto, ci è stato chiaro sin dall'origine il
concetto di Archivio come "laboratorio di cultura"
nel quale la sola raccolta delle immagini non
avrebbe consentito né approfondimenti critici
né indagini comparative né qualsiasi altro tipo
di ricerca.
Si è perciò provveduto e tuttora si sta
provvedendo a raccogliere quanto più
materiale possibile - documenti, reperti scritti,
testimonianze verbali, libri, riviste, cataloghi,
ecc. - individuato come essenziale ed attinente
alla storia del fondo fotografi co.
La necessità di una riproduzione informatica
delle immagini è apparsa subito altrettanto chiara
senza peraltro attribuirle altra funzione se non
quella di semplice strumento di consultazione.
Con il tempo, però, alla Nikon Coolpix iniziale
abbiamo sostituito i più affi dabili scanner sia per
i positivi che per i negativi.
Questo passaggio è stato dettato dall'esigenza
di trarre dalle stampe originali altri positivi per le
più svariate esigenze : l'esposizione, la messa in
rete o la riproduzione in volumi e riviste.
In questo frangente ci si è resi conto della
sostanziale differenza tra stampa originale e
riproduzione digitale; quest'ultima in effetti vale
come versione "verosimile" della fotografi a
originale essendo però del tutto diversa sul piano
tecnico, storico e culturale.
Per esempio, alcune fotografi e di grandi Autori
sono cartonate e presentano i fori delle puntine
con cui venivano appese; altre portano i segni del
"maneggiamento maldestro", come impronte come impronte e
tracce del famigerato scotch biadesivo.
Ebbene, nella versione digitale oltre all'ovvia
scomparsa del supporto di cartone queste
imperfezioni, chiamiamole così, sono state
cancellate ridonando alle immagini l'integrità
originale.
Queste "correzioni" sono state effettuate a cuor
leggero ben sapendo che altra cosa è la stampa
analogica sulla quale ci siamo sempre ben
guardati dall'intervenire.
In fondo, anche i fori delle puntine e le impronte
testimoniano un diverso atteggiamento nei
confronti dell'oggetto fotografi co che oggi, per
varie positive ragioni, è in larga parte mutato.
Va aggiunto però che anche la duplicazione
cartacea digitale non può essere fatta in modo
sommario; essa pretende dall'operatore una
indispensabile preparazione tecnica e una
inderogabile conoscenza dell'Autore al fi ne di
rendere il duplicato quanto più vicino allo spirito
della stampa originale.
Quanto raccomandato dalla Florence
Declaration ci trova perciò assolutamente
d'accordo e ci sorprende che nel Paese che della
fotografi a ha fatto la sua arte nazionale, gli Stati
Uniti, si sia potuti giungere a tanto.
Si può ipotizzare che, a causa di un malinteso
senso del risparmio - di spazio e di denaro -, si
sia pensato di sacrifi care gli ingombranti originali
sostituendoli con l'evanescenza dei files digitali.
E' altrettanto vero, però, che la doverosa
salvaguardia della fotografi a analogica esige
un impegno di risorse, umane e fi nanziarie, che
anche Paesi più sensibili del nostro oggi stentano
a reperire in misura adeguata.
Sarà affi dato soprattutto all'impegno e alla
buona volontà dei singoli il destino della fotografia
su carta?
Manfredo Manfroi
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