[S-fotografie] Segni, segnali, segnalazioni
Pierangelo Cavanna
pierangelo.cavanna a libero.it
Lun 25 Maggio 2009 10:59:11 CEST
Voglio segnalare a tutti gli iscritti alla Lista la pubblicazione sul
sito della SISF dell’importante saggio /Appunti sulla fotografia nel
pensiero di Charles S. Peirce/, che costituisce l’esito più recente del
costante, solitario e faticoso impegno di Roberto Signorini per
l’accrescimento della cultura fotografica italiana, il suo ennesimo
impervio sforzo per contribuire a colmare l’enorme divario che la separa
– che ci separa – dagli universi della ricerca più attrezzata e avanzata
che caratterizzano la scena degli altri paesi.
Per chi conosce Roberto non stupirà leggere le motivazioni, lontane
all’estremo dall’accademismo, che lo hanno spinto ad affrontare questo
lavoro per tante ragioni impervio: si tratta per lui (lo dichiara nella
/Premessa/) di contrastare attivamente quel “processo di degrado
culturale e morale iniziato almeno negli anni Ottanta, e ora sfociato,
per tanti intellettuali, nell’accettazione dell’ideologia secondo cui
sarebbero finite le ideologie e la storia, e nella conseguente, tenace
avversione alla teoria e alla cultura critica (…).” Per queste ragioni,
per la condivisione che mi sento di esprimere delle motivazioni etiche e
politiche che hanno governato e prodotto il lavoro di Signorini voglio
segnalare e consigliare la lettura di questo saggio anche a chi tra gli
iscritti alla lista non si ritiene immediatamente interessato alle
specifiche e complesse questioni lì affrontate, anche a chi fa della
fotografia una pratica non necessariamente teorica o teoretica.
Per queste ragioni voglio anche ringraziare Roberto che – coerentemente
- ha voluto mettere il suo lavoro nella libera disponibilità di tutti
pubblicandolo in rete, e certo voglio ringraziare la SISF che si è resa
disponibile all’attuazione concreta di quella volontà “secondo quello
spirito di libera comunità di ricerca” – sono ancora parole di Signorini
– che è uno dei presupposti e “dei mezzi coi quali costruire una società
meno ingiusta.”
La Società Italiana per lo Studio della Fotografia nel pubblicare questo
saggio ha certo voluto significarne l’adesione ai suoi principi (non si
dice ai contenuti), del resto impliciti nelle stesse ragioni statutarie
della sua esistenza, ma allora – e proprio in virtù di questi – ci
piacerebbe sapere dai suoi membri più autorevoli e qualificati cosa e
quanto ci sia di vero in una serie di ricorrenti e inquietanti voci che
ne riguardano la vita interna e (a quanto pare) sotterranea, se non
proprio segreta e di cui nulla (conseguenza ovvia) traspare dalla
lettura del sito, unico e solo luogo – in mancanza di occasioni concrete
– di comunicazione e di eventuale confronto con e tra i soci.
Come nelle più fosche leggende si sente parlare di feroci censure, di
processi sommari nella migliore tradizione dell’inquisizione romana, di
terremoti a palazzo, di vendette trasversali e di lunghi, pesanti,
pesantissimi, quasi tombali silenzi alla cui origine, le cui cause
sarebbero da individuarsi (ma preferiamo non crederlo) nella volontà
concretamente espressa da alcuni di esercitare il proprio legittimo
diritto di critica (in senso scientifico intendo, non parlo di
/gossip/). Ascoltare voci, e ancor più prestar loro fede (mai termine fu
più appropriato) non fa parte del mio modo di vivere laico e del mio
essere nel mondo, che vorrei razionale, ma anche l’essere sommersi da
assordanti silenzi è condizione spiacevole, troppo vicina alla
percezione del nulla. E poi, diciamocelo: culturalmente e politicamente
scorretta, per non parlar dell’etica, che sarebbe dir troppo. Infine
ingiusta nei confronti dei soci e – credo – di tutte le persone che
hanno a cuore la cultura (fotografica) in Italia: compresi tra i primi
proprio gli iscritti alla lista, a loro volta nella maggioranza soci.
Non voglio però rivendicare alcun diritto: non mi piace; non voglio dire
che sarebbe (è) doveroso sapere cosa accade di tragicamente rilevante
negli organi direttivi della Società cui siamo legati. Solo dico che mi
piacerebbe (e forse non sono il solo) conoscere come stanno le cose,
convinto infine che il vuoto di informazioni oltre che imbarazzante e
discutibile può essere tragicamente dannoso.
Non sempre /il silenzio [è] degli innocenti/.
Pierangelo Cavanna
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